GIUSEPPE BOSIO, UN ARTISTA TRA EVOCAZIONE E CONFRONTO
Un tuffo nell’800 pittorico piemontese con la mostra antologica patrocinata dall’Associazione Immagine per il Piemonte (a cura di Vittorio G. Cardinali e Carlo Alberto Bosio) che si terrà a Torino dal 7 al 18 novembre 2012. La prestigiosa sede di Palazzo Pralormo in corso Vinzaglio 6 ospiterà la rassegna delle opere di Giuseppe Bosio (orario: martedì-sabato 9-12/14-19; domenica 9-12/14-18; lunedì chiuso) con il patrocinio della Regione Piemonte, della Provincia di Torino e della Città di Torino. Hanno collaborato all’evento: Carlo Alberto Bosio con la consorte Bruna Giusti, Adriano Bosio, Giorgio Bosio, Claudio Farina, Silvia Farina Anglesio e la storica dell’arte Claudia Ghiraldello. Le splendide foto sono di Alberto Armano.
Giuseppe Bosio, autoritratto, 1925, olio su tela (collezione privata). |
Ecco una parte della
critica alla mostra firmata da Claudia Ghiraldello:
Giuseppe Bosio, nato
il 29 dicembre 1875 a Genova, giovanissimo sentì dentro di sé l'ardore della
passione per l'arte. La famiglia osteggiò in ogni modo il suo desiderio. Il
padre, Carlo, in particolare, essendo titolare di un'azienda di lavorazione di
piume con distribuzione a livello nazionale, voleva che il figlio continuasse
tale attività. Durante un lungo soggiorno a Palermo, l'incendio appiccato dal
padre stesso agli strumenti di lavoro del figlio e la fuga da casa di
quest'ultimo, in compagnia del fratello, furono tutt'uno. Il giovane non ebbe
esitazioni. In nome del rispetto di se stesso e della sua vocazione artistica,
preferì il sacrificio alla quiete e alla comodità di un lavoro economicamente
più sicuro. Dopo la fuga da casa, come il fratello si mantenne facendo il mozzo
e, a seguire, fu ospitato da parenti per un certo tempo.
Ancora con il fratello
avviò poi un’azienda di lavorazione di piume in proprio, fatto questo che gli
garantì una certa sicurezza e gli permise di diplomarsi all'Accademia Albertina.
Qui ebbe come maestri, oltre a Giovanni Guarlotti e Paolo Gaidano, il famoso
Giacomo Grosso. Si laureò, quindi, in Architettura al Politecnico di Torino.
Partecipò a rassegne d’importanza nazionale ed annualmente si iscrisse alle
collettive torinesi della Società Promotrice e del Circolo degli Artisti; la sua
prima mostra risale al 1909.
La pittura era per lui
tutto, era una pittura totalizzante, a riflesso conclamato e galvanizzante del
suo animo. Durante la guerra, in pensione, egli poté dedicarsi al suo estro in
modo totale, ma lo visse come tormento esplicitato in un dipingere nervoso,
agitato. Solo nel dopoguerra il suo stile si fece più luminoso, più calmo, a
specchio di una serenità interiore ormai raggiunta. Morì egli a Lanzo Torinese
il 29 maggio 1972 alla bella età di 97 anni.
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Tale artista ebbe
l'onore di entrare nel Dizionario
illustrato dei Pittori, Scultori, Disegnatori e Incisori Italiani Moderni e
Contemporanei del Comanducci, sul cui primo volume della terza edizione
(1962), oltre alla presentazione critica di lui, si trovano due belle
riproduzioni di quadri entrambi consistenti in ritratti: l'uno della figlia
Nicoletta, l'altro di una testa di filosofo. Bosio eccelse nella ritrattistica
pur essendosi provato ed avendo dato lusinghieri risultati anche nella
scenografia e nel paesaggio.
Definito dal citato
Oggero "vero sacerdote di un ideale altissimo", considerò l'arte come
religione, angolo intimo nel quale esprimere la ricerca del bello e del vero.
Sempre di lui, nel luglio 1953, Schaub-Koch scrisse sulla Rivista mensile della
Città di Torino e del Piemonte: "Un maestro come Bosio è innamorato del
mondo e della vita" e ancora: "La sua opera è una preghiera alla
vita, e una preghiera fervente!".
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Proprio del Bosio, nell'archivio
di famiglia, esiste una bella fotografia che lo ritrae nel 1946 a Perosa
Argentina mentre egli sta dipingendo en plein air e si ripara con un ombrello
dal sole... il sole... la luce... Paolo Levi, a riguardo, in occasione della
Mostra del Bosio tenutasi al Circolo degli Artisti di Torino nel maggio 1980,
affermò del nostro pittore: "Era assai rapido nel dipingere perché temeva,
col trascorrere delle ore, il mutare della luce; a volte, invece, indugiava un
po' più nei particolari". La luce: amore ed odio... combatté ed adorò la
luce Bosio, come Bozzalla, il delleaniano per eccellenza (C.G.)