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lunedì 20 ottobre 2014

IL SENSITIVO GUSTAVO ROL A 20 ANNI DALLA SCOMPARSA


     Una lapide apposta sulla casa abitata per molti anni, una Santa Messa in S. Salvario, lenzuolate con articolo e foto su un quotidiano popolare... così la calvinista Torino ricorda con sobrietà uno dei suoi personaggi più noti del XX secolo, Gustavo Adolfo Rol (1903-1994), a vent'anni dalla scomparsa.
Rol nasce a Torino il 20 giugno 1903, giorno della Consolata, alla quale sarà devoto per tutta la vita. La famiglia è agiata, il padre, Vittorio, è uno dei co-fondatori della sede di Torino della Banca Commerciale Italiana. La madre, Martha Peruglia, è figlia dell'avv. Antonio presidente del tribunale di Saluzzo. Gustavo ha due fratellini, Carlo, nato nel 1897, e Giustina, nata nel 1900. Una terza sorellina, Maria, arriverà nel 1914. Gustavo all'età di cinque anni, con la madre. Dietro la madre ci sono i fratelli: Giustina, 8 anni, e Carlo, 11 anni.  Si racconta che Gustavo non abbia parlato fino all'età di due anni, fino a quando non lo trovarono aggrappato al caminetto della casa di campagna, dove, di fronte ad un'immagine raffigurante Napoleone a Sant'Elena, piangeva e a gridava: "Poleone, Poleone". E infatti la figura di Napoleone gli sarà strettamente legata per tutta la vita, diventando un collezionista di rilievo internazionale di cimeli napoleonici, un esperto delle campagne, delle battaglie e delle imprese napoleoniche.
Nella Palazzina di caccia di Stupinigi è conservato un prezioso dono di Rol, la carrozza di Napoleone con la quale l'imperatore da Parigi si recò a Milano per essere incoronato re d'Italia. Rol l'aveva acquistata a Marengo, dove Napoleone l'aveva lasciata perché si era rotta ed aveva fretta di ritornare in patria. Gustavo Rol passa la sua infanzia tra Torino e San Secondo di Pinerolo, dove la famiglia aveva una residenza del '700.  Inizialmente di carattere chiuso e con modesti risultati scolastici, si appassionerà in seguito allo studio e alla musica, imparando a suonare il pianoforte senza mai aver preso lezioni e perfezionando la conoscenza del violino. Nel 1921 intraprende la carriera giornalistica. Nel 1923 si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza all'Università di Torino, dove si laurea qualche anno più tardi (in seguito conseguirà anche la laurea in economia e commercio a Londra e quella in biologia medica, con Jacques Monod, a Parigi). Lo stesso anno, si iscrive al Corso Allievi Ufficiali di complemento, l'anno successivo è nominato sottotenente e quindi congedato.
Tra il 1925 e il 1930 è in giro per l'Europa in qualità di dipendente delle filiali Comit: Marsiglia, Parigi, Londra e Edimburgo. A Parigi, in un café, conosce la ragazza che poi diverrà sua moglie. Si chiama Elna Resch-Knudsen, norvegese, figlia di un capitano di marina e nipote di un ministro di Stato. Gustavo era solito presentare Elna con orgoglio, facendo notare che ben 17 re facevano parte della sua famiglia.
Passeranno circa tre anni da quell'incontro al loro matrimonio, avvenuto a Torino, nella chiesa di San Carlo in piazza San Carlo, il 17 dicembre 1930. Nello stesso periodo Rol acquista un alloggio in via Silvio Pellico 31, dove abiterà per sessantaquattro anni, sessanta dei quali passati con la moglie, scomparsa nel 1990.
ESPERIMENTI DI ROL
Gustavo Rol chiamava i suoi prodigi "esperimenti". Qui ne daremo qualche esempio tratto dai libri e dagli articoli di giornale che hanno parlato di lui. Si possono distinguere due grandi categorie di "esperimenti": quelli improvvisati, rapidi e spontanei, che si verificavano in qualunque posto Rol si trovasse e in qualunque momento; e quelli delle "serate", quando si trovava con amici e ospiti, presso di loro o a casa sua, dove intorno al suo tavolo ovale si producevano questi fenomeni (ma poteva essere anche in salotto o nello studio) dove egli dava sfogo ad un'improvvisazione che nasceva dai discorsi dei presenti.
Remo Lugli, autore di Gustavo Rol - Una vita di prodigi, edizioni Mediterranee, è stato testimone di numerosissimi incontri e ci dà una fedele descrizione della tipica serata da esperimenti: «Le serate si dividevano di solito in due parti: prima una chiacchierata, poi gli esperimenti. Si discorreva almeno per un'ora; ed era soprattutto Rol che impostava la conversazione affrontando un tema o filosofico o di attualità. Oppure ricordava gli anni della gioventù... Ma c'erano anche serate in cui gli piaceva scherzare, dimenticava i discorsi seri e si metteva a raccontare barzellette. E sapeva essere molto divertente. A un certo punto, in genere verso le 23, finiva la prima parte della serata. Rol proponeva di lasciare le poltrone e si passava al tavolo, che era sempre coperto da un panno verde, il suo colore preferito, quello che gli aveva dato ispirazione nei suoi primi esperimenti. (...)
L'atmosfera, diciamo paranormale, si scaldava con le carte. Davanti a lui erano allineati non meno di otto mazzi da poker, ognuno con il dorso di colore e disegno diverso, quasi sempre nuovissimi perché l'intenso uso li deteriorava facilmente, oppure erano da conservare perché diventati "testimoni" di un particolare esperimento con una o più scritture apparse tra i semi senza il diretto intervento suo. Poteva capitare che, di fronte a un mazzo ancora avvolto nel cellophan, avesse l'estro di far partire la serata proprio da quello: stabilita una carta, sulla omologa racchiusa faceva comparire un proprio segno di matita lasciando l'involucro intatto e senza toccarlo. (...) I mazzi li maneggiava poco, li faceva sempre mescolare e alzare ai presenti. (...) Gli esperimenti di Rol con le carte da gioco - erano esperimenti e non "giochi", questo bisognava ben rammentarlo - venivano fatti a volte in sequenza rapida come una esplosione pirotecnica. Bellissimi, eleganti, a vederli si restava stupiti ma al tempo stesso con la sensazione che fosse una cosa naturale, facile. Ad esempio: faceva mescolare sette mazzi di carte e da un ottavo mazzo faceva scegliere una carta, poniamo il sette di picche. Passava una mano sul dorso dei sette mazzi allineati e poi scopriva di ognuno la prima carta: erano tutte sette di picche! Oppure: posava sul tavolo un mazzo aperto a ventaglio con il dorso in alto e il suo indice gli scorreva sopra, ad arco, come una lancetta d'orologio. "Datemi l'alt" diceva. Allo stop, il dito si abbassava sulla carta sottostante che veniva estratta. Era, poniamo, il tre di fiori. Davanti a lui erano allineati sette mazzi tutti preventivamente mischiati, tutti con le figure coperte. Ne prendeva uno e con un gesto rapido lo lanciava sul piano del tavolo in modo che le carte si distendessero allineate lungo una retta. Risultavano tutte col dorso, eccetto una che presentava la figura: ed era il tre di fiori. Non si erano ancora spente le esclamazioni di meraviglia dei presenti, che Rol lanciava ad uno ad uno gli altri sei mazzi e tutte le file si allineavano mettendo in mostra ognuna una carta girata: il tre di fiori».