Una lapide apposta sulla casa abitata per molti anni, una Santa Messa in S. Salvario, lenzuolate con articolo e foto su un quotidiano popolare... così la calvinista Torino ricorda con sobrietà uno dei suoi personaggi più noti del XX secolo, Gustavo Adolfo Rol (1903-1994), a vent'anni dalla scomparsa.
Rol nasce a Torino il 20 giugno 1903, giorno della Consolata, alla quale
sarà devoto per tutta la vita. La famiglia è agiata, il padre, Vittorio, è uno
dei co-fondatori della sede di Torino della Banca Commerciale Italiana. La
madre, Martha Peruglia, è figlia dell'avv. Antonio presidente del tribunale di
Saluzzo. Gustavo ha due fratellini, Carlo, nato nel 1897, e Giustina, nata nel
1900. Una terza sorellina, Maria, arriverà nel 1914. Gustavo all'età di cinque
anni, con la madre. Dietro la madre ci sono i fratelli: Giustina, 8 anni, e
Carlo, 11 anni. Si racconta che
Gustavo non abbia parlato fino all'età di due anni, fino a quando non lo
trovarono aggrappato al caminetto della casa di campagna, dove, di fronte ad
un'immagine raffigurante Napoleone a Sant'Elena, piangeva e a gridava:
"Poleone, Poleone". E infatti la figura di Napoleone gli sarà
strettamente legata per tutta la vita, diventando un collezionista di rilievo
internazionale di cimeli napoleonici, un esperto delle campagne, delle
battaglie e delle imprese napoleoniche.
Nella
Palazzina di caccia di Stupinigi è conservato un prezioso dono di Rol, la
carrozza di Napoleone con la quale l'imperatore da Parigi si recò a Milano per
essere incoronato re d'Italia. Rol l'aveva acquistata a Marengo, dove Napoleone
l'aveva lasciata perché si era rotta ed aveva fretta di ritornare in patria.
Gustavo Rol passa la sua infanzia tra Torino e San Secondo di Pinerolo, dove la
famiglia aveva una residenza del '700.
Inizialmente di carattere chiuso e con modesti risultati scolastici, si
appassionerà in seguito allo studio e alla musica, imparando a suonare il
pianoforte senza mai aver preso lezioni e perfezionando la conoscenza del
violino. Nel 1921 intraprende la carriera giornalistica. Nel 1923 si iscrive
alla facoltà di Giurisprudenza all'Università di Torino, dove si laurea qualche
anno più tardi (in seguito conseguirà anche la laurea in economia e commercio a
Londra e quella in biologia medica, con Jacques Monod, a Parigi). Lo stesso
anno, si iscrive al Corso Allievi Ufficiali di complemento, l'anno successivo è
nominato sottotenente e quindi congedato.
Tra
il 1925 e il 1930 è in giro per l'Europa in qualità di dipendente delle filiali
Comit: Marsiglia, Parigi, Londra e Edimburgo. A Parigi, in un café, conosce la
ragazza che poi diverrà sua moglie. Si chiama Elna Resch-Knudsen, norvegese,
figlia di un capitano di marina e nipote di un ministro di Stato. Gustavo era
solito presentare Elna con orgoglio, facendo notare che ben 17 re facevano
parte della sua famiglia.
Passeranno
circa tre anni da quell'incontro al loro matrimonio, avvenuto a Torino, nella
chiesa di San Carlo in piazza San Carlo, il 17 dicembre 1930. Nello stesso
periodo Rol acquista un alloggio in via Silvio Pellico 31, dove abiterà per
sessantaquattro anni, sessanta dei quali passati con la moglie, scomparsa nel
1990.
ESPERIMENTI DI ROL
Gustavo Rol chiamava i suoi prodigi
"esperimenti". Qui ne daremo qualche esempio tratto dai
libri e dagli articoli di giornale che hanno parlato di lui. Si possono distinguere due grandi categorie di
"esperimenti": quelli improvvisati, rapidi e spontanei, che si
verificavano in qualunque posto Rol si trovasse e in qualunque momento; e
quelli delle "serate", quando si trovava con amici e ospiti, presso
di loro o a casa sua, dove intorno al suo tavolo ovale si producevano questi
fenomeni (ma poteva essere anche in salotto o nello studio) dove egli dava
sfogo ad un'improvvisazione che nasceva dai discorsi dei presenti.
Remo Lugli, autore di Gustavo Rol - Una vita di prodigi, edizioni Mediterranee, è stato
testimone di numerosissimi incontri e ci dà una fedele descrizione della tipica
serata da esperimenti: «Le serate si dividevano di solito in due parti: prima
una chiacchierata, poi gli esperimenti. Si discorreva almeno per un'ora; ed era
soprattutto Rol che impostava la conversazione affrontando un tema o filosofico
o di attualità. Oppure ricordava gli anni della gioventù... Ma c'erano anche serate in cui gli piaceva scherzare,
dimenticava i discorsi seri e si metteva a raccontare barzellette. E sapeva
essere molto divertente. A un certo punto, in genere verso le 23, finiva la
prima parte della serata. Rol proponeva di lasciare le poltrone e si passava al
tavolo, che era sempre coperto da un panno verde, il suo colore preferito,
quello che gli aveva dato ispirazione nei suoi primi esperimenti. (...)
L'atmosfera, diciamo paranormale, si scaldava con le
carte. Davanti a lui erano allineati non meno di otto mazzi da poker, ognuno
con il dorso di colore e disegno diverso, quasi sempre nuovissimi perché
l'intenso uso li deteriorava facilmente, oppure erano da conservare perché
diventati "testimoni" di un particolare esperimento con una o più
scritture apparse tra i semi senza il diretto intervento suo. Poteva capitare
che, di fronte a un mazzo ancora avvolto nel cellophan, avesse l'estro di far
partire la serata proprio da quello: stabilita una carta, sulla omologa
racchiusa faceva comparire un proprio segno di matita lasciando l'involucro
intatto e senza toccarlo. (...) I mazzi li maneggiava poco, li faceva sempre
mescolare e alzare ai presenti. (...) Gli esperimenti di Rol con le carte da
gioco - erano esperimenti e non "giochi", questo bisognava ben
rammentarlo - venivano fatti a volte in sequenza rapida come una esplosione
pirotecnica. Bellissimi, eleganti, a vederli si restava stupiti ma al tempo
stesso con la sensazione che fosse una cosa naturale, facile. Ad esempio:
faceva mescolare sette mazzi di carte e da un ottavo mazzo faceva scegliere una
carta, poniamo il sette di picche. Passava una mano sul dorso dei sette mazzi
allineati e poi scopriva di ognuno la prima carta: erano tutte sette di picche!
Oppure: posava sul tavolo un mazzo aperto a ventaglio con il dorso in alto e il
suo indice gli scorreva sopra, ad arco, come una lancetta d'orologio.
"Datemi l'alt" diceva. Allo stop, il dito si abbassava sulla carta
sottostante che veniva estratta. Era, poniamo, il tre di fiori. Davanti a lui
erano allineati sette mazzi tutti preventivamente mischiati, tutti con le
figure coperte. Ne prendeva uno e con un gesto rapido lo lanciava sul piano del
tavolo in modo che le carte si distendessero allineate lungo una retta.
Risultavano tutte col dorso, eccetto una che presentava la figura: ed era il
tre di fiori. Non si erano ancora spente le esclamazioni di meraviglia dei
presenti, che Rol lanciava ad uno ad uno gli altri sei mazzi e tutte le file si
allineavano mettendo in mostra ognuna una carta girata: il tre di fiori».
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