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lunedì 18 maggio 2015

MARIA ANTONIETTA UNA REGINA TRA ODIO E AMORE. Perché riscoprirla più di due secoli dopo?

Sabato 16 maggio presso l’Associazione Immagine per il Piemonte una relatrice d’eccezione, Alice Mortali, ha tracciato un ritratto completo, emozionante, appassionante di una regina da sempre oggetto di critiche e attacchi, in realtà una gran dama del Settecento da riscoprire, Maria Antonietta di Francia.
Oltralpe si conosce tutto di lei, da noi solo luoghi comuni… Ecco allora la provocazione del titolo della conferenza che si è tenuta nella consueta cornice della Sala Principe Eugenio in via Legnano 2/b: “Maria Antonietta una Regina tra odio e amore? Perché riscoprirla dopo più di due secoli?”
La Presidente dell’Aimant, Associazione Italiana Maria Antonietta (Bologna), primo sodalizio culturale italiano dedicato alla famosa regina di Francia e alla sua epoca, ha tracciato un ritratto a tutto tondo di questa protagonista del Secolo dei Lumi, senza tralasciare le ombre, evidenziando gli aspetti positivi…
Ma chi era? Maria Antonietta (Vienna, 2 novembre 1755-Parigi, 16 ottobre 1793), fu regina consorte di Francia e di Navarra, dal 10 maggio 1774 al 21 settembre 1792, come consorte di re Luigi XVI.

“Pur essendo una delle figure femminili più note della storia, quello di Maria Antonietta regina di Francia, è un personaggio ancora in realtà poco conosciuto – ha sottolineato Alice Mortali - Il tramandarsi di una lunga serie di luoghi comuni e di aneddoti (il più delle volte completamente inventati) hanno relegato questa donna allo sgradevole ruolo di regina frivola e spendacciona, amante insaziabile, moglie manipolatrice, sovrana insensibile alle miserie del suo popolo, l'Autrichienne giustamente ghigliottinata in pieno Terrore rivoluzionario. Quella di Maria Antonietta, sposa bambina, consorte infelice e regina assolutamente impreparata al suo ruolo, è una vicenda in realtà molto più complessa che merita un approfondimento e una riscoperta. Incominciando magari proprio dalla famosa frase delle brioches...”.

Molteplici sono poi i collegamenti, seppur indiretti, che legano Maria Antonietta alla città di Torino e ai Savoia. Proprio le sue due cognate, mogli rispettivamente del futuro re Luigi XVIII (Maria Giuseppina di Savoia) e di Carlo X (Maria Teresa di Savoia), erano infatti due principesse di Casa Savoia, mentre la sua più cara amica, la sfortunata Principessa di Lamballe era una Savoia-Carignano, ramo cadetto della famiglia da cui discendono tutti i re d'Italia.
Torino è anche la città dove il conte svedese Hans Axel Fersen, da molti considerato il vero amore della regina Maria Antonietta, fece tappa durante il suo Grand Tour culturale europeo.
Non ci resta che aspettare l’uscita in libreria della biografia dedicata dalla relatrice alla regina di Francia, finora rimasta nei cassetti polverosi dell’editore Mursia di Milano (VGC).
Alice Mortali, presidente Aimant

giovedì 14 maggio 2015

LA SINDONE NEI SECOLI DELLA STORIA SABAUDA

La prima data certa a cui far risalire la notorietà di questo Lenzuolo, l'unico che superò le critiche della Chiesa Cattolica e dei fedeli, è compresa tra il 1346 ed il 1351. Intorno alla fine del 1300 appartenne, tra numerose dispute economico religiose, a Goffredo II di Charny i cui discendenti nel 1453 la cedettero ai Savoia che la trasferirono nella cattedrale di Chambéry, capitale del loro Ducato; Luigi di Savoia, allora regnante, restituì da quel momento il Sacro Lenzuolo alla venerazione religiosa.

Nel 1532 in seguito ad un incendio, il Telo si danneggiò notevolmente ma fu riparato e ricomparve al culto qualche anno dopo. Dal 1535 la S. Sindone seguì le sorti dei Savoia e delle guerre tra il Ducato e la Francia; nel 1578 trovò temporaneo rifugio a Torino, poi tornò a Chambéry sotto il ducato di Emanuele Filiberto, ma prese definitiva e degna sede a Torino nel 1694 a causa dei mutati interessi dei Savoia che videro nel Piemonte il loro futuro.
Tra la fine del 1700 e la metà del 1800, periodo di grandi rivoluzioni sociali, la Sindone venne gelosamente conservata dai Savoia, subì alcuni brevi trasferimenti per ostensioni o per nasconderla, ed entrò stabilmente nella storia di Torino.
Nel 1898 durante un’ostensione pubblica fu fotografata per la prima volta e si scopri che il negativo fotografico corrispondeva al positivo dell'immagine stessa, provocando sconcerto tra i fedeli e grande curiosità nel mondo della scienza. L'interesse scientifico sulla Sindone crebbe nel XX secolo fino a sfociare in alcune tornate di analisi multidisciplinari effettuate nel 1973, nel 1978 e nel 1988.


La S. Sindone è oggi considerata, da chiunque e per qualsiasi religione, un "unicum" poiché la figura dell'Uomo impresso sul telo non è dipinta o stampata, la sua fotografia contrasta con le leggi dell'ottica e l'immagine, analizzata con i moderni mezzi informatici, contiene un messaggio matematico tridimensionale che sappiamo inesistente per qualsiasi altra immagine umana e che era certamente ignoto alla tecnologia dell'epoca in cui il Telo fu scoperto. Malgrado una recente datazione che fa risalire la stoffa ad una data compresa fra il 1250 ed il 1390, il segreto della sua origine, è ancora incompreso, misterioso e sospeso, come per nessun altro oggetto al mondo, tra la Scienza e la Fede.
La storia della Sindone è strettamente legata a quella dei Savoia: nel 1453 entra a far parte dei beni del duca Ludovico di Savoia e nel 1578, con Emanuele Filiberto, giunge a Torino, trasferita da Chambéry insieme alla corte. Il Sudario resta della casata fino al 1983, quando alla morte di Umberto II, come da sua volontà testamentaria, viene donata al Papa.

Un legame che si traduce nella possibilità di conoscere, in occasione dell’Ostensione, la “Torino reale” e il circuito di residenze, edifici e dimore di Casa Savoia: oltre a Palazzo Reale, Palazzo Madama, Palazzo Carignano, Villa della Regina o il Castello del Valentino in città, vi sono la sontuosa Reggia di Venaria, la Palazzina di Caccia di Stupinigi, la Basilica di Superga, i castelli di Rivoli, Moncalieri, Racconigi, Agliè, tutti luoghi carichi d’arte e di storia, capaci di incantare ed emozionare i visitatori (VGC).