Una bella notizia per il patrimonio culturale e architettonico del Piemonte: il 12 settembre riapre le sue antiche porte il Castello di Guarene sulle colline del Roero. Si tratta di una delle più eleganti dimore signorili settecentesche del Regno sabaudo eretta nel 700 dal conte Carlo Giacinto Roero di Guarene su disegno dell'architetto di Corte Filippo Juvarra. Un splendido volume su questo gioiello è stato scritto dal giornalista e scrittore Roberto Antonetto. Alla buona novella del recupero di questo maniero, si contrappone la triste constatazione che ormai i castelli privati per sopravvivere devono andare "sul mercato" ovvero diventare ristoranti, alberghi, agriturismi... In questo modo il bene culturale si salva, ma viene irreparabilmente snaturato. Una prospettiva poco allettante per il nostro patrimonio storico, sul quale - dopo l'abdicazione da parte dello Stato - incombe l'economia di mercato come un'aquila su un candido agnello! Più di vent'anni fa l'ultima proprietaria di Guarene, contessa Anna Provana di Collegno, ci rilasciò una lunga intervista per la rivista "Piemonte Vip" (ottobre 1993). La riproponiamo sia come testimonianza, sia come riconoscimento agli antichi castellani del Piemonte, che hanno resistito per secoli e ora devono ammainare lo stendardo dalla torre più alta (VGC).
Castello Roero di Guarene. Un balcone sulla storia del Piemonte - Intervista ad Anna
Provana di Collegno
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La facciata interna del castello Roero di Guarene (Cuneo). |
Pochi castelli del Piemonte
attirano i cultori di storia e gli amanti delle pietre antiche come quello di
Guarene, sulle basse colline della Sinistra Tanaro albese, oggi Roero. La
spiegazione di questo interesse va ricercata nell’”amore per la casa” che i
proprietari hanno sempre riservato a questo edificio, facendolo arrivare a noi
in perfetto stato di conservazione, e nel singolare spaccato di vita e cultura
piemontese che rappresenta la sua storia dal Settecento ai giorni nostri.
Attribuito a lungo erroneamente
all’abate-architetto Filippo Juvarra, la scenografica costruzione barocca fu
eretta fra il 1726 e il 1775 su disegni e a spese del conte Carlo Giacinto
Roero, in sostituzione del maniero medioevale demolito. Per un approfondimento
storico e artistico vi rimandiamo ai documentati libri scritti negli Anni 70 e
80 del Novecento dai fratelli Romanello, da Guido Ferrero e Renato Fresia, da
Roberto Antonetto, “pool” di ricercatori di storia e giornalisti appassionati d’arte
che da anni si dedicano alla ricostruzione delle vicende di Guarene; per la
“casa” intervistiamo invece l’attuale proprietaria, contessa Anna Provana di
Collegno, che vive per alcuni mesi dell’anno nel castello ereditato
recentemente dal padre, conte Umberto, e spende tempo ed energia per tenere in
perfetto stato muri, tetti, giardini e viali.
Siamo saliti a Guarene nel
pomeriggio di una torrida domenica di agosto e dalla calura di Alba ci
accorgiamo subito che in collina si respira un’altra aria, un lieve venticello
ci solleva la camicia quando scendiamo dall’auto sul piazzale del palazzo. Lo
sguardo abbraccia, in un vasto panorama, tutto l’arco delle Alpi occidentali,
che paiono unirsi direttamente alle colline del Roero.
La fedele custode annuncia il
nostro arrivo con un tocco di campana. Sappiamo che Anna Provana rilascia
difficilmente interviste, perché come molti aristocratici piemontesi non ama
comparire sui “rotocalchi”, ma la nostra inchiesta sulle dimore private della
regione non poteva dimenticare Guarene, dopo le tappe di Biella, Borgomale e
Monticello.
Chiariti gli scopi informativi e
non “mondani” dell’incontro, rompiamo il ghiaccio parlando di un fatto
d’attualità: in Belgio si festeggiano i nuovi sovrani Alberto II e Paola Ruffo
di Calabria, succeduti allo scomparso Baldovino. Anna Provana non può fare a
meno di ricordare l’incontro di un anno fa con i Principi di Liegi, ospiti
della sorella di Paola nel castello di San Martino Alfieri (Asti), giunti a
Guarene per una visita di cortesia. “Com’è nello stile delle Corti dell’Europa
settentrionale - sottolinea la contessa Provana - Alberto e Paola del Belgio si
sono rivelati simpatici, affabili, cortesi e molto interessati ai beni
culturali italiani. I belgi ameranno anche questi nuovi sovrani, così come è
successo per Baldovino e Fabiola”.
Ci sembra un buon inizio.
Partiamo con l’intervista.
A luglio il matrimonio di sua figlia, Umberta, ha fatto riaprire le
porte del castello per un lieto evento. Quali riflessioni e quale consuntivo
può fare di quel felice momento?
“Mia figlia desiderava fortemente
sposarsi qui, una scelta che mi ha riempito di gioia perché conferma
quell’attaccamento a Guarene che ha sempre contraddistinto la mia famiglia, in
particolare mio padre Umberto e tutti i nostri avi. Ciò mi dà un senso, una
speranza di continuità”.
Perché Amedeo di Savoia, duca d’Aosta, è intervenuto come testimone
alle nozze di sua figlia. E’ solo per amicizia?
“Non solo, innanzitutto per
sottolineare la profonda fedeltà che ci lega a Casa Savoia”.
Chiamarsi Provana di Collegno alle soglie del Duemila, ovvero essere
nel novero di antiche famiglie che hanno svolto un ruolo tante volte primario
sulla scena della storia piemontese degli ultimi secoli, è un privilegio, un
vanto o uno svantaggio?
“Lo considero sicuramente un
vanto e anche, forse, un peso, perché ritengo di dovermi comportare con la
stessa coerenza che hanno avuto quelli che mi hanno preceduto”.
Chi conosce la storia di Guarene nel Novecento non può fare a meno di
collegare questo castello alla figura di suo Padre, conte Umberto Provana di
Collegno. Ce ne può fare un breve ritratto.
“Il ritratto di mio padre,
Umberto, è molto semplice da fare: devo a lui tutta la mia vita e l’educazione
ricevuta. Mi ha sempre insegnato la fedeltà alla religione, al Re e l’impegno
nella vita. Per lui si può dire come scrisse Tocqueville: «L’aristocratico è un
uomo fermo al suo posto e illuminato, che non muore»”.
E dei rapporti tra suo Padre e il principe, poi re Umberto II, cosa ci
può dire?
“Il re onorava mio padre della
sua amicizia e del suo affetto e mio padre era legato a Umberto da una
profondissima fedeltà. Ha avuto degli incarichi ufficiali più che altro per gli
ordini cavallereschi. Inoltre Umberto II scriveva a mio padre tutte le volte
che dall’Italia arrivavano a Cascais richieste di aiuto o di interessamento da
parte di gente fedele che voleva avere contatti con il sovrano in esilio.
Tutti gli anni si incontravano a
Montpellier, per la commemorazione della regina Elena sepolta in quella città
del sud della Francia, e a Cannes, per il raduno dei monarchici. Mio padre,
insignito della più alta onorificenza reale, il Collare della SS. Annunziata,
ha poi personalmente curato il cerimoniale per le solenni esequie di Umberto II
ad Altacomba, in Savoia, nel 1983 alla presenza di re, regine, principi, nobili
di tutta Europa e migliaia di italiani”.
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Un scorcio dello stupendo giardino all'italiana di Guarene (Cn) |
Lei si ritiene monarchica? Se sì, quale ruolo potrebbe svolgere secondo
Lei la monarchia in Italia alle soglie del Duemila?
“Certo, mi ritengo monarchica e
non solo per tradizione di famiglia o per fedeltà alla causa. Sono una persona
che lavora e come tale amo la qualificazione del proprio mestiere. Quindi, sono
sicura che una persona allevata in un certo modo, convinta di quello che può
rappresentare, e che si comporti ad esempio come re Baldovino dei Belgi,
recentemente scomparso e compianto da tutto il suo popolo, possa essere
determinante in una Nazione che sta perdendo i suoi valori. L’identificarsi
cioè in chi è al di sopra, ma rappresenta tutti noi e l’unità del Paese,
garante supremo della Costituzione. Non qualcuno che cambia ogni sette, otto
anni...
Condivido in pieno quanto ha
scritto oggi sulla Stampa (8 agosto ‘93) Barbara Spinelli: «Manca il mito, alla
democrazia, in un mondo dove quasi tutto è smitizzato. Non è semplice vivere se
manca la speranza che possano esistere un re o un capo di Stato che servono la
Nazione fino a dimenticare se stessi, le proprie sofferenze fisiche, la propria
vita privata. Se la speranza svanisce, la politica diventa null’altro che il
regno della necessità, o della trivialità»”.
Suo padre Umberto ricoprì cariche all’interno delle associazioni
monarchiche (UMI, MMI, ecc.). Lei fa altrettanto?
“Non ricopro alcuna carica, ma ho
aderito al Comitato sorto quest’anno per commemorare il decennale della
scomparsa di Umberto II, presieduto da Alessandro Perrone di San Martino”.
Torniamo a parlare di questo castello tanto amato dalla sua Famiglia.
Una curiosità: da anni circolano voci sulla vendita del palazzo alla Fiat o ad
altro industriale. E’ un’informazione fondata o pura fantasia?
“Si tratta di pura fantasia!”.
Quando e da che cosa possono essere nate queste illazioni?
“Onestamente non lo so. La Fiat aveva presentato qui il
Modello 850 e dato che i rapporti tra il Presidente dell’azienda
automobilistica e mio Padre sono sempre stati ottimi (si consideravano quasi
parenti per via dei legami con la principessa Bourbon Del Monte, madre
dell’avvocato Agnelli), abbiamo dato la casa gratuitamente per quella
promozione. Forse sono nate in quel momento le “voci” infondate sulla vendita
di Guarene alla Fiat!
Un castello è talvolta una grande casa con molti restauri da fare.
Guarene è così? Perché ha scelto la strada della conservazione?
“Questo palazzo e il giardino
all’italiana che lo circonda sono sempre stati molto curati da mio padre
Umberto, a costo di grandi sacrifici. Anziché fare viaggi, crocere o
divertirsi, ha preferito destinare i suoi soldi alla manutenzione del complesso.
Io cerco di seguire le orme paterne ed ho dovuto già fare qualche lavoro. Se
non ci sono stati contributi, devo dire che la Soprintendenza mi ha facilitato
con sgravi fiscali”.
Cosa pensa del rinnovato interesse del turismo per castelli, torri,
rocche, e ville antiche?
“E’ molto semplice. Per anni abbiamo perso l’amore per il
nostro passato e adesso stiamo riscoprendo l’importanza delle nostre origini,
della conservazione della storia. Penso che anche edifici come questo siano dei
punti di riferimento un po’ per tutti. In particolare conosco l’affetto che i
guarenesi nutrono per il castello e devo dire che ho con tutti ottimi rapporti.
Loro lo considerano forse come “la casa”, desiderano fare le foto qui quando si
sposano... Lo amano perché un nutrito gruppo di storici locali, i fratelli
Romanello, Fresia, Ferrero, hanno scritto molte pagine sulle origini del
palazzo e del paese. Mio padre - tutti lo ricordano bene - ha sempre dimostrato
la massima disponibilità nell’apertura degli archivi alla ricerca seria e
fruttuosa. Archivi che considerava “suoi” per l’aspetto della conservazione, ma
un “bene” a cui tutti dovevano partecipare”.
Aderisce all’Associazione Dimore Storiche Italiane, al Fai o ad altri
sodalizi?
“Sono associata alle Dimore Storiche Italiane e condivido
in pieno il programma di rivalutazione condotto molto seriamente dal Presidente
regionale Ippolito Calvi di Bergolo.
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Notturno della facciata principale del settecentesco castello di Guarene (Cn) |
Secondo il suo giudizio la via della rivalutazione culturale e
artistica di un bene sottoposto a vincolo passa per la cultura, il turismo, lo
spettacolo, la musica, l’enogastronomia o altro?
“Aprire oggi le porte di una
dimora storica privata vuol dire avere visitatori, avere molte spese. Sì, al
contrario di quanto accade per i castelli francesi e inglesi, in Piemonte non
esiste un flusso turistico tale da permettere un “utile” ai proprietari: quindi
esistono solo grandi problemi di carattere burocratico. Far pagare un biglietto
d’ingresso vuol dire tenere scritture cantibili, pagare il commercialista, i
custodi, le guide... No! Preferisco far vedere Guarene gratuitamente a chi è
veramente interessato: associazioni culturali, storici, cultori dell’arte dei
giardini (l’anno scorso è stato un vero piacere ospitare un gruppo di inglesi,
che hanno ammirato il giardino del palazzo). Le porte restano ovviamente chiuse
ai curiosi, a chi vuol trovare a tutti i costi il fantasma nella torre o nei
sotterranei...
Per non parlare del problema dei
furti. Per difendere la nostra proprietà siamo costretti a rinnovare
continuamente gli impianti, per seguire le tecnologie più avanzate del settore.
Certo vedrei con interesse e piacere una manifestazione culturale “ad hoc” per rivalutare Guarene, senza
però danneggiarne o massificarne l’immagine”.
Un’ultima domanda sul futuro, sul XXI secolo. Come immagina il castello
di Guarene nel Duemila?
“La mia speranza è che resti per
sempre una dimora privata, perché ho lavorato, come medico, nel settore
pubblico e non ho grande fiducia nell’Amministrazione dello Stato. Ritengo che
l’amore e le cure profuse da un privato siano molto più valide per conservare
l’integrità di un edificio storico.
Mi auguro, quindi, che anche con
mia figlia Umberta continui nel Duemila per Guarene la stessa destinazione
d’uso odierna. Nel prossimo secolo la mentalità sui beni culturali sarà ancora
più aperta di quella che è adesso. Aumenta la cultura, il benessere, l’amore
per le cose belle e per questi castelli, ne sono certa, conservati intatti per
secoli, vedo un futuro migliore”.
Vittorio G. Cardinali
(mensile “Piemonte Vip”, ottobre 1993, pp. 50-52)